VIAGGIO NELLA KARELIA RUSSA E PENISOLA DI KOLA
Lo scopo del viaggio
La Karelia russa rimane tuttora una grande distesa selvaggia, le cui vie di comunicazione sono spesso costituite da piste forestali e sentieri stagionali. Ed è proprio attraverso queste effimere vie che il "Gruppo Sextant" ha raggiunto le città dell’estremo nord rivierasche del Mar Bianco e del Mare di Barents, dove sono alla fonda le flotte rompighiaccio e i sommergibili a propulsione nucleare.
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Il logo del "Gruppo Sextant" |
IL DIARIO DI ERINA
Domenica 9 febbraio 2020 - Rozzano-Giessen - km 760
Partiamo con un equipaggio in meno: Mauro e Beppo sono in ritardo con l’allestimento e ci raggiungeranno dopo. Bel tempo in Svizzera e in Germania fino al pomeriggio, quando cominciano nuvoloni minacciosi e vento forte, che nella notte diventeranno una vera tempesta. Strada scorrevole e sosta serale in un autogrill poco oltre Giessen.
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l'autogrill tedesco |
Lunedì 10 febbraio - Giessen-Travemunde - km 550
Nella notte la tempesta annunciata dai bollettini meteo si è materializzata con vento forte e scrosci d’acqua. Danilo, che di solito dorme nella tenda aerea, ha approfittato del maltempo per testare la possibilità di dormire all’interno della macchina e ne è rimasto soddisfatto. Mauro e Beppo ci fanno preoccupare e annunciano la loro partenza da Milano alle dieci del mattino. Rimaniamo con l’ansia tutto il giorno, ma la buona sorte li aiuta: nonostante un problema al Defender e una copiosa nevicata nei pressi di Amburgo, riescono a macinare 1.250 km in meno di 15 ore. Intanto noi ci facciamo una buona pizza al ristorante Bellavista, italiano (almeno di nome), nel villaggio di Travemunde. Riunitasi tutta la combriccola a mezzanotte, facciamo check-in e ci imbarchiamo verso le tre di notte sul traghetto della Finnlines che ci porterà, con una navigazione di 29 ore attraverso il Mar Baltico, fino a Helsinki.
Martedì 11 febbraio - Mar Baltico - km 0
Il traghetto ha navigato senza rollii nonostante il mare piuttosto agitato. Ma non ha smaltito il ritardo accumulato nei giorni di tempesta precedenti. Arriveremo con un paio d’ore di ritardo. La giornata scorre tra chiacchiere, soprattutto di Mauro che deve spiegare i vari inconvenienti in cui è incappato nella preparazione del suo potente mezzo.
Mercoledì 12 febbraio - Helsinki-frontiera russa - km 195
Con dispiacere constatiamo la completa assenza di ghiaccio nel Mar Baltico e, verificando le previsioni del tempo, scopriamo l’arrivo di
un’ondata di tempo tiepido su tutto il nord-Europa. Sbarchiamo dopo le 11. Sosta dopo Porvoo per pranzo. Nessuna traccia di neve fino a sera, quando riusciamo a superare l'impegnativa frontiera russa.
In verità i doganieri sono stati molto comprensivi e collaborativi con noi, ma ugualmente tre ore ci sono volute per entrare in territorio russo. Inoltre c’era da stipulare l’assicurazione auto per Jurg e Danilo,
e fare rifornimento di carburante
. Il gasolio costa qui la metà che in Italia, cosa che ovviamente ci fa piacere. Conclusione: ci siamo fermati alla prima area di servizio dopo la dogana, in località Torfyanovka. Panini, wurstel, olive e snacks in allegra compagnia.
Il percorso di andata, da Helsinki a Teriberka
Giovedì 13 febbraio - Frontiera russa-Lyaskelya - km 300
Il tempo ci sta giocando un tiro mancino: siamo partiti in pieno febbraio per evitare il disgelo e relativa fanghiglia, ed ecco che l’improvvisa ondata di tepore ci
ha rovinato il piano.
Abbiamo il fango fino al tetto e le strade che avrebbero dovuto essere immacolate sono grigie e piene di pozzanghere. Stiamo seguendo un itinerario secondario per raggiungere la cittadina di Sortavala e percorriamo una strada ondulata in mezzo ai boschi. Superiamo la città di
Vyborg e sostiamo per pranzo a
Melnikovo, villaggio grazioso con due chiesette, una ortodossa in legno e una metodista nel cui piazzale sostiamo. Da lì prendiamo un traverso che, via Sevastyanovo, accorcia la strada per Sortavala, anche se, essendo crivellato di buche, al risparmio di km non corrisponde risparmio di tempo. Jurg, che è in testa al convoglio, avvista due alci nel bosco. Arriviamo sulla strada A121 che ci porta agevolmente a
Sortavala. La città, di quasi 19.000 abitanti, non ha il tipico aspetto russo, ma assomiglia piuttosto ai centri urbani nordeuropei. Qui sbrighiamo alcune necessità come il cambio rubli e l’acquisto, che per me si è rivelato prezioso, di una scheda SIM della compagnia MTS, che mi ha permesso di accedere a Internet con una spesa irrisoria. I
russi fanno largo uso della tecnologia digitale, ma a causa degli spazi vastissimi tra gli insediamenti umani, spesso ci siamo trovati privi di ogni tipo di connessione. In caso di necessità il gruppo può sempre contare sui telefoni satellitari, di cui sono provvisti sia Maurino che Mario. A sera usciamo di città e puntiamo a Nord, fermandoci dopo una ventina di km nel piazzale del Caffè Usad’ba a
Lyaskelya, un villaggio che ha qualche pretesa turistica per via di una cascatella che lo attraversa.
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la fanghiglia del disgelo anticipato |
Venerdì 14 Febbraio - Lyaskelya-verso Vegarus - km 145
Questa notte è caduto un nevischio gelato che ha imbiancato l'ambiente. Sulla melma di ieri si è sovrapposto uno strato di ghiaccio che rende la guida molto pericolosa. Il piano odierno è di puntare a nord, in direzione di Tolvoyarvi. Abbiamo qualche dubbio di riuscirci, perché quella località risulta ormai disabitata. E infatti, fino a una ventina di km dopo Raikonkoski tutto bene: strada bianca in mezzo alla foresta, ben tracciata e tenuta pulita dagli spazzaneve. Poi, all’improvviso, la traccia pulita devia verso ovest, mentre la nostra direzione, a nord, è solo una traccia per motoslitte. Ci fermiamo per raccogliere le idee e per lo spuntino di mezzogiorno. Come spesso capita, in mezzo a quel nulla arriva una macchina russa che trasporta una motoslitta. Sono cacciatori intenzionati a seguire il percorso precluso ai nostri veicoli. Ci informano che nessuna delle secondarie che avevamo scelto sulla carta è percorribile. Ma noi siamo ostinati e, seguendo la strada in direzione di Suojarvi, in località Piytsiyeki, troviamo aperta una strada verso Vegarus, che era uno dei nostri obiettivi individuati sulla carta stradale. Percorriamo una ventina di km di pista e prima del tramonto ci fermiamo in uno spiazzo per fare il nostro primo campo “into the wild”. Stasera per cena mangeremo lardo russo e bocconcini di pesce in salamoia, accompagnati da deliziosi cetrioloni in agrodolce. Il tutto annaffiato da vodka locale.
N.B. Il bivacco serale in mezzo alle foreste è un elemento essenziale del nostro modo di viaggiare. Evitare alberghi, radio, televisione e internet ci permette di ripulire la mente e di rimanere in contatto con la natura. Per contro il disagio fisico è notevole perché siamo sempre in balìa delle intemperie.
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il cacciatore russo |
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la pista per motoslitte che ci impedisce di proseguire |
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il primo campo |
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Mauro, Beppo e Jurg ceneranno in tenda |
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noi ceneremo al calduccio nel Defender |
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passeggiata nella foresta |
Sabato 15 Febbraio - prima di Vegarus-verso Gimoly - km 150
Partiamo verso le nove, perché in questa stagione il sole sorge molto tardi. Pochi gradi sotto lo zero stanotte, ma la sensazione è di maggior freddo, perché c’è umidità. Il fondo stradale è completamente ricoperto di neve e si snoda in mezzo a foreste di abeti e betulle. Superiamo Vegarus, una manciata di casette di legno, e dopo curve e saliscendi incrociamo la strada provinciale che punta a Nord. Oggi è assolutamente necessario chiodare i pneumatici per avere miglior aderenza sulla carreggiata scivolosa. Il lavoro prevede lo smontaggio delle ruote, dunque va fatto a macchina perfettamente in piano. Nel pomeriggio troviamo l’ampio piazzale di una fabbrica chiusa, adatto alla bisogna, nel villaggio di Porosozero. La chiodatura è una faccenda lunga, tanto che arriva il buio prima che tutti abbiano finito. Nel frattempo, nel bel mezzo del lavoro, è arrivato un poliziotto di frontiera. Sarà stato chiamato da uno dei pochi abitanti che abbiamo avvistato in paese? E’ gentile e comunica con noi con il traduttore automatico. Fotografa i documenti di tutti noi, e anche la cartina con l’indicazione del nostro percorso. Se ne va salutando, ma torna dopo un’ora per avvertirci che una parte dell’itinerario che noi abbiamo segnato entra nell’area proibita per gli stranieri. Sussiste ancor oggi, infatti, una striscia di confine con la Finlandia che è off-limits per gli stranieri, di un’ampiezza che varia dai 5 ai 15 km. Essendo stati avvertiti…….dovremo per forza adeguarci. E’ tardi per montare il campo, perciò non resta altro che sostare ai margini della strada. Dato che non si può piantare la tenda, Jurg cenerà nel Defender di Danilo, mentre Maurino e Beppo saranno ospitati nel capiente Daily di Mario.
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spettacolare salitone |
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lungo la strada troviamo un'arruffata bancarella |
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dove Giovanni compra stivali "garantiti per una temperatura di -55°" |
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chiodatura dei pneumatici |
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stasera Mario ha ospiti a cena |
Domenica 16 Febbraio - dopo Porosozero-prima di Ledmozero - km 185
Da quando siamo in Russia non abbiamo visto il sole e siamo stati accompagnati da costanti leggere nevicate. Così stanotte si è accumulato un bel tappeto di neve fresca che ha reso le strade candide e soffici. Anche con il tempo bigio il panorama è magnifico, con foreste a perdita d’occhio. La strada non è noiosa e si snoda su un terreno collinare, in un susseguirsi di curve e saliscendi. Passiamo le quattro case del villaggio di Gimoly e ci fermiamo al paese successivo, Sukkozero, provvisto di una primitiva stazione di servizio con tre pompe arrugginite. Ma il pos per la carta di credito prende anche qui a velocità supersonica. Sembra che la tecnologia digitale sia più diffusa nelle lande russe che da noi. Facciamo spesa al locale magazin-produkty (negozio di alimentari). Il pasticcio di carne e lardo che compriamo, benché buonissimo, lo risentiremo fino a sera per via dell’aglio di cui era imbottito. Lasciato il paese, Mario, che come sempre chiude la colonna dei nostri mezzi, si accorge di una macchina che ci segue a distanza, senza sorpassare. Proviamo a fermarci e si ferma anch’essa. Allora allunghiamo deliberatamente le nostre pause fotografiche per vedere come si comporta, e alla fine ci sorpassa. Troveremo quell’auto e un poliziotto, dopo qualche km, al bivio per Lendery. Non succede niente, poiché noi prendiamo la strada di destra, quella indicata dalla guardia di frontiera di Porosozero. Evidentemente quest’ultima aveva telefonato al collega perché si accertasse che non imboccassimo l’itinerario proibito. In Russia nessuno straniero passa inosservato, neppure nelle lande più remote. La media che teniamo su queste strade è molto bassa, perciò oggi non riusciamo a superare i 180 km. Anche perché per cercare il luogo adatto al campo serale bisogna avere luce, che in questa stagione se ne va vero le cinque di sera. Ci infiliamo in una traccia di motoslitte mandando avanti il potente mezzo di Mauro a compattare il terreno. Troviamo uno spiazzo panoramico, proprio sulla riva di un laghetto. Mauro finisce in un punto cedevole, ma riesce ad uscirne con qualche spalata di neve. Dopocena, come sempre, il gruppo si riunisce sotto la tenda-cucina di Mauro&Beppo. Stasera Mario ci ha preparato un profumatissimo "Vin Brulé".
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scorcio panoramico su un lago non completamente ghiacciato |
Stanotte sentivamo picchiettare sulla macchina: incredibile a dirsi, non era neve, né grandine, bensì pioggia. A questa latitudine non ce l’aspettavamo proprio. Per fortuna al risveglio ricomincia a cadere la neve, ma le strade rimangono estremamente viscide. Arriviamo alla cittadina industriale di
Kostomuksha a mezzogiorno e pranziamo,
pizza e coca-cola, in un moderno bar tavola calda. Dopopranzo riprendiamo la strada, praticamente priva di traffico, se si escludono gli onnipresenti spazzaneve. Facciamo una sosta a
Voknavolok, luogo molto importante per i kareliani, perché qui hanno vissuto i più famosi cantori del
Kalevala, l’opera omnia che raccoglie, in versi dette rune, tutti i miti e le leggende dei popoli finnici. Il villaggio si compone di circa 200 case lignee, molte delle quali molto antiche ma ben conservate. Riprendendo la strada in direzione della cittadina di Kalevala abbiamo l’imprevisto del giorno. Mario scivola sul lato della carreggiata e s'inclina su un fianco. Sembra una cosa da poco, ma essendo il suo mezzo molto pesante, il disincaglio avviene dopo molti tentativi, che durano in totale un’ora e mezza. "Tutto è bene quel che finisce bene", commenta Maurino. Alle otto di sera arriviamo all’albergo Velt di
Kalevala.
La sosta alberghiera ci serve per essere in regola con le formalità doganali russe che prescrivono di registrare la propria presenza entro sette giorni lavorativi dall’ingresso. L’albergo è abbastanza recente e le camere sono in ordine. C’è un bagno, pulito,
ogni due camere e ci accontentiamo. Nonostante l’ora tarda ci preparano la cena, piuttosto semplice, in verità: una ratatouille di verdure crude dadolate, da condire con abbondante “smetana” (la panna acida russa), tocchetti di burro e gli immancabili cetrioloni in agrodolce. A seguire un piatto di ravioli russi, i “pelmeni”. Nient'altro, ma è già tanto che ci abbiano servito cena fuori orario.
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avvistiamo minuscoli villaggi immersi nella neve |
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una vecchia casa, abbandonata insieme alla sua auto |
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e una casa nuova, con l'auto...."parcheggiata" |
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quattro antichi granai di Voknavolok |
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il Daily di Mario è uscito di carreggiata |
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ci vorrà il lavoro di due verricelli in coppia per riportarlo in strada |
Martedì 18 Febbraio 2020 Kalevala-prima di Zasheek km 200
Come sempre nelle abitazioni russe il riscaldamento è a palla e ci ha costretto a dormire seminudi sopra il piumone. Colazione a buffet non entusiasmante, ma se si pensa che camera, cena e colazione sono costate meno di trenta euro a persona, “iscì avèghen”, diceva mio nonno!
Stamattina il termometro segnava solo un paio di gradi sotto lo zero, situazione assolutamente anomala per questa latitudine.
Sosta di rito dal benzinaio.
Quest’anno finalmente Danilo ha scoperto la frase magica che ci permette di fare il pieno e non ci costringe a pagare in anticipo calcolando la quantità di carburante da mettere: “da polnava!” Il cielo è grigio e immobile, anche la strada è grigia, e per di più sdrucciolevole. Ma noi siamo ottimisti e speranzosi in un miglioramento delle condizioni meteo.
Sia chiaro, per noi miglioramento significa abbassamento delle temperature! L’obiettivo odierno è quello
di imboccare una pista che potrebbe portarci ai
confini della Regione di Murmansk evitando le grandi strade. La località si chiama
Zasheek, non è un villaggio ma semplicemente un campo estivo, sulle sponde di un grande lago. L’attacco della pista è al paese di
Kestenga, dove ci fermiamo per una piccola spesa. Appena ci avviamo sulla pista ci rendiamo conto che si tratta di un percorso tracciato per il disboscamento e quindi battuto dai grossi camion che trasportano tronchi. La pista è lunga una settantina di km e si snoda in una zona collinare.
Ad un curvone, il panorama si apre sulla distesa candida del lago, contornato dai boschi fitti di abete. Siamo tutti incantati per la bellezza del luogo e convinti di poter arrivare alla meta. Invece, a una decina di km da Zasheek la strada termina e ci troviamo di fronte ad un sentiero intonso.
Poiché si sta facendo buio, decidiamo di retrocedere di alcuni km per trovare uno spiazzo per mettere il campo. Affronteremo il sentiero domattina, col chiaro.
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la pista dei taglialegna verso Zasheek |
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un bellissimo lago |
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a sera, sulla pista |
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facciamo campo e ci prepariamo per la notte |
Mercoledì 19 Febbraio - 10 km prima di Zasheek-Monchegorsk - km 385
Ha nevicato leggero ma con continuità stanotte. Tutto è ovattato intorno a noi, una sensazione meravigliosa. Anche la luce, seppur senza sole, è bellissima, con una leggera venatura di colore indaco. Il rovescio della medaglia consiste nel fatto che non è più possibile distinguere i margini del sentiero che potrebbe condurci a Zasheek. Il gruppo decide di tornare sulla strada principale, come del resto era nel piano di viaggio. Riattraversiamo Kestenga, che, come tutti i paesi kareliani visti finora, è un insediamento carino, con case di legno ben tenute per lo standard russo. Il vantaggio della Karelia è che è stata risparmiata dall’industrializzazione forzata del regime sovietico. La bella strada bianca che stiamo seguendo sfocia purtroppo sulla famigerata M18, la grande direttrice San Pietroburgo-Murmansk. Per fortuna il manto stradale è in buone condizioni, a differenza di come l’avevamo trovato in viaggi precedenti. Facciamo la foto di rito al cippo che segnala il Circolo Polare Artico. Ha smesso di nevicare e c’è persino un accenno di bel tempo. Entriamo ora nella Regione di Murmansk, che comprende l’intera penisola di Kola. Questo territorio, aspro e inospitale, ha visto la colonizzazione dei russi solo in tempi recenti, per pure ragioni militari e minerarie. Le maggiori città sono state insediate in epoca staliniana e ne portano ancora l’impronta, coi grigi condomini fatiscenti e gli scheletri di grandi fabbriche abbandonate. Strategicamente, la penisola di Kola è importante per via del porto di Murmansk, che ospita la flotta russa del Nord, con rompighiaccio e sommergibili a propulsione nucleare.
Lasciamo la città industriale di Kandalaksha alla nostra destra e superiamo anche Poliyarnye Zori che, a dispetto del romantico nome che significa "Alba Polare", ospita una vecchia centrale nucleare le cui acque di scarto riscaldano un vasto tratto di lago, che perciò non ghiaccia mai. L'obiettivo di stasera è Monchegorsk. La strada ha fondo stradale in buone condizioni, ma il traffico di mezzi pesanti è intenso e Giovanni fatica a guidare di sera, perciò è stanco quando arriviamo a fermarci nel piazzale di un benzinaio all’ingresso della città. Quasi tutte le stazioni di servizio russe dispongono non solo di accessori automobilistici, ma anche di tavole calde semplici, con panini, wurstel e hamburger. E infatti stasera io vado di tramezzini al salmone, mentre Giovanni preferisce i wurstel.
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tutto è ovattato intorno a noi |
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nessuna traccia |
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foto di rito al cippo del Circolo Polare Artico |
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sulla strada M18 che collega San Pietroburgo a Murmansk |
Giovedì 20 Febbraio - Monchegorsk-Teriberka - km250
Monchegorsk ieri sera si era presentata in tutta la sua bruttezza, con una serie di caminoni che sputavano nuvole violacee nel cielo notturno. Il gigantesco stabilimento per la lavorazione del nikel impiantato in epoca sovietica aveva creato una delle peggiori devastazioni ambientali della storia, uccidendo intere foreste della regione (e non è dato sapere quanti umani). Pare che adesso le cose stiamo migliorando: gli stabilimenti filtrano meglio le emissioni velenose e c’è anche un grande piano di rimboschimento. Il centro città in sé appare decente, con i palazzi dipinti in colori pastello e un grande viale centrale alberato, abbellito dalle immancabili statue in onore dei lavoratori.
Stanotte, d’improvviso, la temperatura è precipitata a meno 23 gradi e le conseguenze sono state peggiori del solito per noi, perché l’umidità accumulatasi in macchina nei giorni scorsi è diventata ghiaccio. La serratura posteriore si è bloccata e abbiamo dovuto sgusciar fuori dalla macchina dalla portiera anteriore. Oggi il riscaldatore interno dovrà lavorare senza interruzione per sghiacciare e asciugare l’abitacolo. Riprendiamo la strada grande e facciamo pausa pranzo su una collinetta ventosa. Nel pomeriggio arriviamo in prossimità di Kola, l’unico antico villaggio della regione, che infatti ha dato il nome all’intera penisola, ma di cui non è rimasta praticamente alcuna traccia, essendo diventato un sobborgo-dormitorio di Murmansk. All’altezza di Kola svoltiamo a destra su una secondaria.. Campeggia un cartello stradale con l'indicazione "Teriberka", quasi si trattasse di una località importante. Dopo qualche decina di km arriviamo ad una specie di villaggio turistico con servizio di noleggio motoslitte, una cosa anomala in questo posto di miniere, industrie e basi militari. Proseguendo notiamo con stupore molte macchine e pulmini che probabilmente trasportano turisti. Tutto questo è conseguenza del film Leviathan, che ha reso il dimenticato insediamento di Teriberka una meta turistica alla moda, specie tra i cinesi, che la scelgono come luogo ideale per avvistare l’Aurora Boreale. Prima di Teriberka il paesaggio diventa affascinante, finisce la vegetazione e si apre davanti a noi la distesa della tundra, con gli immensi spazi nevosi che creano giochi di luci e ombre, fino all’orizzonte indistinguibile dal cielo. Arriviamo a Teriberka dopo il tramonto. Il villaggio è affacciato su una spettacolare baia, chiusa su tre lati e protetta da una corona di promontori. Qui il mare non è ghiacciato. Il posto è molto più bello di come ce l’aspettavamo. Teriberka si compone in realtà di due insediamenti, separati da un canale che si supera con un ponte. La parte antica, di case di legno, sta a destra della baia, mentre quella più recente è in altura, sulla sinistra. Noi ci infiliamo subito nel villaggio vecchio. La neve ha coperto l’effimera rete stradale che unisce le case sparse, perciò le carreggiate non si distinguono. Giovanni finisce su una pista per motoslitte e s'inclina su un fianco. Il disincaglio non prende molto tempo, ma si effettua sotto uno sferzante vento gelido. Ceniamo tutti insieme in un ristorante per turisti, vuoto causa mancanza di cinesi….trattenuti in patria dal coronavirus.
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tutto si è ghiacciato, anche il verricello |
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fiori di ghiaccio sul nostro parabrezza |
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verso Teriberka |
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la spettacolare tundra priva di vegetazione |
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la baia di Teriberka |
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Veduta di Teriberka vecchia |
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il molo di Teriberka |
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l'ingresso di Giovanni a Teriberka |
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sulla spiaggia, a Teriberka |
Venerdì 21 febbraio - Teriberka - km 35
Ha fatto vento forte tutta la notte e stamattina le stradine di Teriberka vecchia sono invase dalla neve portata dal vento. Le macchine faticano non poco ad uscire dal paese. Attraversiamo il ponte e seguiamo la strada che in pochi km ci conduce a Teriberka nuova. Il primo impatto è negativo, perché vediamo una serie di palazzoni prefabbricati, desolatamente vuoti e in abbandono, testimonianza di quando l’Unione Sovietica cercava di colonizzare forzatamente tutto il Nord. C’è stato un tempo in cui a Teriberka vivevamo 5.000 persone, mentre adesso ce ne sono solo alcune centinaia. Il vento è diventato violento e le uniche presenze umane sono un paio di persone che sfidano la tempesta per gettare la spazzatura nei cassonetti. Non c’è verso di percorrere la strada panoramica verso il promontorio, troppo innevata. Dopo aver scattato un gran numero di foto ai molti scorci interessanti di Teriberka, decidiamo di riprendere la strada a ritroso e di avviarci verso Murmansk. Noto un cartello giallo che dice “Strada Chiusa”, ma commento che probabilmente si tratta di un vecchio cartello trascurato. Dopo pochi km ci accorgiamo che la carreggiata presenta irregolari cumuli di neve, difficili da superare. Ma, peggio di tutto, il vento radente solleva la neve e ci impedisce la visuale. E’ letteralmente impossibile capire dove stiamo andando. Giovanni affonda in un cumulo di neve e si trova in grosse difficoltà. Anche per tutti gli altri è impossibile proseguire. Allora ci rendiamo conto che il cartello di "strada chiusa" era veritiero e che l’unica cosa saggia da fare è tornare a Teriberka per capire la situazione. Non troviamo uffici pubblici nel villaggio a cui rivolgerci, ma una persona del luogo ci conferma che la strada è intransitabile e non si sa quando riaprirà. Fin che il vento tira come oggi i mezzi spazzaneve non entreranno in funzione. Purtroppo pare che la situazione meteo rimarrà così per almeno un paio di giorni. Non c’è niente che possiamo fare, se non cercare un alloggio. Troviamo una strana costruzione che sembra un’enorme botte su palafitta, o forse dovrebbe essere un’arca, dato che si chiama Kovcheg 51, e cioè Arca 51. Siamo gli unici ospiti. La struttura è nuova, pulita e con uso di cucina. Per di più una gentile inserviente ci prepara anche la cena a base di ottimo pesce fritto. Come ribattino, i due componenti svizzeri della nostra combriccola ci preparano una deliziosa “fondue”. Il titolare dell’alloggio, che si chiama Alex, è un giovane di Apatity che si è trasferito qui per fare business turistico. Mentre noi rimaniamo in camera a pisolare, il resto della compagnia si fa accompagnare da Alex nei dintorni, in motoslitta. Gita che è piaciuta a tutti. Un po’ meno a Beppo, che ha preso uno scivolone sul ghiaccio e ha sbattuto violentemente spalla e gomito. Ed è il suo secondo inciampo del viaggio: il primo gli aveva quasi rotto una mano. Alex ci mostra sul suo smartphone una serie di spettacolari Aurore Boreali apparse a Teriberka, l'ultima delle quali ieri notte. Noi non l'abbiamo vista, ma il vispo Mario era rimasto in allerta e l’ha potuta cogliere con la sua macchina fotografica. Forse ci riproverà anche stanotte.
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spiaggia di Teriberka, all'alba |
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alba sulle case di Teriberka |
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il cimitero delle navi, situato nella baia tra le due Teriberka |
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scuola di Teriberka abbandonata |
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il nostro albergo "Arca 51" |
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due dei nostri amici, pronti per l'escursione in motoslitta |
Sabato 22 Febbraio - Teriberka-Murmansk - km 135
L’aurora boreale si è palesata anche stanotte verso l’una. Dunque qui è proprio facile vederla, non per niente i cinesi organizzano appositi viaggi. La mattina passa in attesa di notizie sulla riapertura della strada. Jurg fa una perlustrazione ed è ottimista, l’albergatore lo è un po’ meno, però dopo qualche ora informa che gli spazzaneve sono al lavoro. Dopo un pranzo, per qualcuno a base di borsch cucinato dalla cameriera, per altri a base di maccheroni Rummo al sugo, lasciamo l’albergo e ci avviamo, a dispetto del cartello stradale che ancora segna “strada chiusa”. Per nostra fortuna i solerti spazzaneve russi hanno già fatto quasi tutto il lavoro, anche se il vento forte continua ad inondare la pista di folate di neve che danzano come onde davanti al muso del Defender. Il panorama è emozionante, con distese di neve all’infinito, senza cenno di vegetazione. Superiamo gli spazzaneve all’altezza di un curioso sito per turisti, composto da alcune gher kazake e mongole. Effettivamente questo è un posto impagabile per fare sport con le motoslitte o con lo ski-surf. Arriviamo a sera a Murmansk . Con quasi 300.000 abitanti, Murmansk è la più grande città al mondo al di sopra del Circolo Polare artico. Si trova al termine di un lungo fiordo che sbocca sul Mare di Barents. Grazie alla residua influenza della Corrente del Golfo, qui il mare non ghiaccia mai, e questa è la ragione per cui la Marina russa vi ha installato la sua grande flotta di navi, sommergibili e rompighiaccio militari, a propulsione nucleare. Giriamo per la città con le nostre macchine, con un certo stress, come sempre quando c’è da districarsi nelle vie del centro. La città, che visitiamo per la seconda volta, è dignitosa, con viali illuminati e palazzi colorati con tinte vivaci. Molto bella anche la stazione, con una cupola rotonda su cui campeggia una grande stella rossa. Mauro prova, inutilmente, a cercare il microfono di cui necessita per il suo CB. Per i nostri viaggi questo strumento è prezioso, perché ci permette di essere in costante contatto tra gli equipaggi. Possiamo così scambiarci informazioni utili, ma anche semplicemente chiacchierare tra di noi. Abbiamo deciso di pernottare a Murmansk sui nostri mezzi e ci dirigiamo al porto per trovare parcheggio per la notte, ma la ricerca del luogo adatto è vana. C'è sempre la nostra ultima risorsa: il piazzale di una stazione di servizio.
A parte due cagnacci che hanno abbaiato tutta la notte, abbiamo riposato abbastanza bene. Ha fatto pochi gradi sotto zero e praticamente non abbiamo usato il riscaldatore interno. Non sentirsi gelare a 69 gradi di latitudine nord è impressionante. Stamattina il programma prevede una salita al belvedere sulla baia, che è sormontato da un gigantesco soldato di cemento, che i locali chiamano Alyoscia. Ottima visione di tutto il fiordo di Murmansk e Severomosk (sede della marina militare vietata agli stranieri). Peccato che la giornata nebbiosa non ci abbia permesso di scattare foto decenti. Secondo obiettivo è la visita del rompighiaccio Lenin, il primo a propulsione nucleare, rimasto in attività fino agli anni ’80. La visita risulta molto interessante, e a darci spiegazione in lingua inglese è un simpatico ufficiale tracagnotto biondo con una lunga coda di cavallo. Riprendiamo la strada sotto un cielo basso e grigio da cui cade un nevischio sottile. Ignoriamo la deviazione per Lovozero, che dai ricordi di Mario non ha niente di interessante, se non il fatto di essere abitata da alcune famiglie di Sami, che peraltro in questa stagione sono fuori città con le loro renne.
Stamattina sono stata svegliata da una voce femminile piuttosto concitata. Ho pensato che la padrona della proprietà presso la quale abbiamo stazionato volesse mandarci via. Invece la signora che parlava era molto cordiale e ha cominciato a chiacchierare, finendo poi con l’invitarci a casa sua. Si chiama Irina e abita a Murmansk ed è qui per il week end, insieme al marito e al custode della proprietà (quest’ultimo già inbenzinato di vodka alle otto del mattino). Ci invita nella sua abitazione e poi ci mostra una bella dacia che affitta ai turisti, affacciata direttamente sul grande Lago Imatra. Accanto c’è un’altra costruzione che ospita la bania, col pontile che dà accesso al lago. Il posto è davvero idilliaco. La signora è una bionda di mezza età vivacissima, vorrebbe trattenerci, ma noi ci svincoliamo, non dopo averla ringraziata. Mario e Mauro, che pensano sempre a tutto, offrono una bottiglia di vino italiano.
Dopo questo piacevole inizio di mattinata, il giorno si svolge in maniera molto più tribolata. Passiamo senza fermarci attraverso gli anonimi condomini di Apatity, città che esiste per via dell’estrazione appunto di apatite, minerale da cui si ricavano fosfati per agricoltura e medicina. Arriviamo a Kirovsk, che è tanto brutta quanto belli sono i monti Khibini che la circondano su tre lati: una serie di panettoni bianchissimi, estremamente invitanti per gli sport invernali. Kirovsk è letteralmente immersa nella neve e le strade sono una fanghiglia biancastra e viscidissima. Cumuli di metri di neve ogni dove, che restringono le carreggiate e annullano i marciapiedi. Non lo sapevamo, ma oggi è giorno di festa in Russia e Kirovsk è imballata di macchine e di gente. Dopo una sosta in un bar che offre brioches e pasticcini strepitosamente buoni, ci avviamo verso un ristorante che ci è stato suggerito dai locali. Mal ce ne incolse. Impossibile muovere cinque grosse macchine tra muraglioni di neve e in mezzo a un traffico caotico. Sbagliamo strade, ci incastriamo, blocchiamo il traffico e neanche riusciamo ad arrivare alla meta. Esasperati, decidiamo di allontanarci dalla città per andare al "villaggio di neve"distante sette km, sperando di trovare spazi liberi. Ma la solfa non cambia, perché alla fine della strada ci sono parcheggi intasati completamente. Non ci resta che fermarci in una strada secondaria: invece che gustare le specialità del posto... attingeremo alle nostre cambuse. C’è nevischio e la visibilità è scarsa. Peccato, perché i monti Khibini sono così belli che meriterebbero un intero servizio fotografico. Il programma del pomeriggio prevede di fare una po’ di strada per raggiungere le sponde del Mar Bianco. Percorriamo una bella strada panoramica e a sera ci fermiamo in prossimità di alcune casette, affacciate sull’insenatura di Luvenga.
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la dacia della Signora Irina |
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foto di gruppo con Irina, marito, custode e cane |
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veduta di Kirovsk con i bei monti Khibini sullo sfondo |
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strade di Kirovsk intasate da cumuli di neve |
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sotto la neve c'è un furgone, con tanto di multa sul parabrezza |
Martedì 25 febbraio - Luvenga-verso Kuzema - km 300
Il solito bel nevischio ci accoglie anche stamattina. E’ il nostro compagno da quando siamo in Russia e non ci dispiace, perché depone un tappetino bianco su ogni cosa, annullando le brutture. Per contro, la visibilità è scarsa e le foto sembrano in bianco e nero. Oggi è prevista una giornata di puro trasferimento. Dal Mar Bianco ritorniamo alla città di Kandalaksha, che ci sembra persino meno brutta di come la ricordavamo. Ci rechiamo all'Ufficio Postale per spedire all'amico Alex di Perm un pezzo di prosciutto di Parma che abbiamo comprato in Italia per lui. (Promessa che gli abbiamo fatto per l'aiuto che ci ha dato in un viaggio precedente). Siamo rimasti meravigliati dall’efficienza dell’impiegata postale, che ha sbrigato il tutto velocemente e senza far storie. In Russia le strutture hanno quasi sempre un aspetto fatiscente che fa pensare ad un paese del terzo mondo. Al contrario, spesso i servizi pubblici sono tecnologicamente avanzati e le persone sembrano capaci e collaborative, anche se i sorrisi, specie delle giovani donne, sono molto rari. Soprattutto ci ha sempre stupito l'efficienza con cui i russi mantengono la loro sterminata rete stradale. Tante volte durante i nostri viaggi abbiamo visto stradini con le pale, intenti a ripulire i guard-rail sotto le tempeste di neve, a temperature estreme.
Facciamo tappa di mezzogiorno a Kovda, un villaggio semi abbandonato che presenta una chiesa di legno antica. Maurino occhio di falco avvista una tettoia del bus locale e così può fare spuntino al coperto. Il pomeriggio ha come solo intervallo una puntata a Loukhi, dove c’è una banca di cui alcuni di noi necessitano per il cambio euro-rubli. Segue una piacevole sosta-caffè al bar del paese e riprendiamo la marcia sulla noiosa strada principale che porta fino a San Pietroburgo. Stiamo attraversando un territorio assolutamente spopolato. Nessun insediamento umano, solo foreste infinite, con milioni di abeti stenti. Al crepuscolo infiliamo l’unica stradina che punta al mare, in direzione del villaggio di Kuzema, a una cinquantina di km dall’incrocio per Kem’. Sosta in fila indiana a bordo strada.
Per tutto il viaggio abbiamo incaricato Jurg di farci la strada con le sue mappe open source “Map-me”dettagliatissime, seguendo le indicazioni del programma di massima che Giovanni ed io avevamo stilato a casa. E’ stato bravissimo a guidare e guardare il computer contemporaneamente. Che comodità per tutti noi. Grazie Jurg!
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al centro di Kandalaksha campeggia un carrarmato T34 |
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sotto il cielo bigio il villaggio di Kovda sembra una cartolina dell'800 |
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pausa pranzo al riparo della tettoia del bus |
Mercoledì 26 febbraio - verso Kuzema-Padany - km 320
Verso le sette del mattino sono passati due spazzaneve, sebbene la strada sia secondaria. Ma quanti spazzaneve esistono in Russia? Noi ne vediamo incessantemente, anche sulle stradine più insignificanti che portano a paesi di poche anime. Stamattina vogliamo macinare più km possibili sulla strada grande, per poter imboccare nel pomeriggio una deviazione che dovrebbe permetterci di percorrere ancora strade bianche. Facciamo sosta pranzo e carburante all’altezza di Segesha, proprio all’incrocio con la secondaria, che subito ci rinfranca, mentre in mattinata eravamo tutti annoiati. Oggi, miracolo, abbiamo visto il sole. Facciamo un’ottantina di km su una strada che, in un paesaggio collinare, circonda un grande lago. Sosta per una spesina a Shalgovaara, dove per la prima volta in tutto il viaggio non troviamo il pos per la carta di credito. E la negoziante, che è anziana, fa ancora il conto col pallottoliere. La nostra speranza è di trovare presto un bello spiazzo per fare il campo, perché l’ambiente è idilliaco, tra foreste e laghi. Però la ricerca è difficile. Facciamo più di un tentativo a vuoto. Alla fine, seguendo un sentiero di taglialegna, capitiamo in prossimità di alcune casette. Subito sbuca un uomo e gli immancabili cani. Ci permette di sostare nell’area davanti a casa sua e ci indica un gabbiotto WC a secco che possiamo utilizzare. A proposito di cani, a me piace come li tengono i russi. Sono tutti liberi e scorrazzano per le strade. Hanno un padrone, e lo si capisce per il fatto che sono tutti sani, ben pasciuti e rispondono prontamente ai comandi, ma non sono mai al guinzaglio. Acquistano in questo modo familiarità sia con l’ambiente che con gli uomini. Non ne ho mai trovato uno che fosse aggressivo. Si avvicinano alle macchine, si fanno accarezzare, cercano ovviamente qualche bocconcino, fanno un po di feste e poi se ne vanno.
Stasera, quando ci siamo riuniti sotto la tenda di Mauro&Beppo, gli amici hanno fatto una festa a sorpresa per Giovanni, che compie 78 anni, con tanto di torta con le candeline e spumante.
Che carini!
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onnipresenti spazzaneve |
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i cani sono sempre liberi nei villaggi russi |
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sono i primi a salutarci |
Giovedì 27 febbraio - Padany-Petrozavodsk - km 300
Ieri notte il cielo era stupendo: una falce di luna brillante e il pianeta Venere grosso come un lampione. Chissà forse è arrivata anche l’Aurora mentre dormivamo. Abbiamo ripreso la strada che circumnaviga il grande lago Segozero, con belle viste tra foreste e spazi aperti. Abbiamo attraversato i due paesini di Yevgora e Karelyi Maselyi, molto graziosi perché privi di costruzioni moderne o condomini. Però in tutti i bei paesini kareliani abbiamo visto una gran quantità di case abbandonate, segno che qui la sopravvivenza è difficile e ci si sposta verso le città grandi o nei centri industriali. Guardando sulla cartina stradale si nota che questa parte della Karelia russa è praticamente priva di insediamenti umani. Arrivati all’incrocio tra la strada provinciale e la grande arteria San Pietroburgo-Murmansk, Jurg propone una deviazione per visitare il luogo in cui negli anni recenti sono stati ritrovati i resti di un gran numero di persone morte per i lavori forzati destinati alla costruzione di un mai utilizzato canale per unire due mari. Nell’epoca del terrore staliniano vennero deportati qui dissidenti, intellettuali, ma anche gente normale, costretti a lavorare fino allo sfinimento e la morte. Moltissimi di loro furono anche torturati e fucilati. Eppure delle atrocità commesse da Stalin si parla ancora troppo poco. I russi, nazionalisti quali sono, preferiscono omettere quel periodo vergognoso. E agli occidentali pare che la cosa non impressioni granché. Facciamo pranzo veloce nel bosco, peraltro bellissimo, punteggiato di tombe, poi decidiamo di prendere la statale per arrivare al più presto a Petrozavodsk. Però gli uomini non resistono a una visita a un paio di ferramenta avvistati nella città di Medvejegorsk. Arrivo verso sera alla capitale della Repubblica di Karelia: Petrozavodsk. Il nome significa “la fabbrica di Pietro” perché è stata fondata appunto da Pietro il Grande. Affacciata sulle rive del Lago Onega, conta 280.000 abitanti. Abbastanza anonima, ma non brutta, né in disordine. Alloggeremo all’Onejskiy Zamok. Questo albergo l’avevo prenotato il giorno prima su booking.com, senza bisogno di versare anticipi. Molto comodo. La costruzione è un simil-castello con i piani alti molto spioventi. Infatti a Danilo e Jurg capita una camera mansardata, mentre tutti gli altri noi abbiamo camere spaziose con vista lago. Stasera ceneremo in un ristorante tipico, il Karelskaya Gornitsa. Ci andiamo coi taxi per evitare lo stress di circolare coi nostri ingombranti mezzi. Ottima cena. Io e Giovanni abbiamo mangiato il luccio. Anche l’ambientazione era molto bella, con pareti di grossi tronchi, ma la cameriera era una bionda isterica.
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belle case, purtroppo abbandonate |
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la foresta è disseminata di tombe |
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Petrozavodsk sotto una nevicata |
Venerdì 28 febbraio - Petrozavodsk-verso Vidlitsa - km 150
Il tempo si è rimesso al brutto e nevischia fitto. Peccato per la nostra vista lago. Stamattina facciamo una visita ad un grosso centro commerciale, pieno delle stesse cose e degli stessi marchi che abbiamo noi in Italia. Poi cerchiamo un sito di vendita delle pietre di shungite, un minerale nero simile al carbone che possiede molte proprietà benefiche. La ricerca è alquanto laboriosa perché noi ci aspettiamo di vedere un negozio, mentre invece si tratta di uno stabilimento in periferia, all’interno del quale c’è lo spaccio-vendita. Due gentili signore ci illustrano le proprietà di questo minerale che si estrae solo in Karelia, in miniere in prossimità di Shungia, da cui il nome. Dopo aver fatto qualche minuto di meditazione con blocchetto di sungite in mano………..ci scateniamo con gli acquisti, perché l’esposizione è molto allettante, con monili, statuine e confezioni di frammenti di shungite adatti alla depurazione dell’acqua. Intanto si è fatto tardi e facciamo pranzo alle due e mezzo del pomeriggio. Mentre il resto della compagnia mangia wurstel in una caffetteria, io e Giovanni ci spariamo un sacco di porcherie comprate in mattinata ad un Magnit, una catena di supermercati molto diffusa nelle città russe. Nel tardo pomeriggio il nevischio cessa e arriviamo sotto un cielo bigio al villaggio di Kinerma, balzato alla notorietà dei russi quando un paio di anni fa è stato nominato “il più bel villaggio della Federazione russa”. Si tratta di una manciata di case, molte delle quali disabitate. Noi non vediamo anima viva, ma pare che nella bella stagione arrivino frotte di turisti, anche cinesi, con grande fastidio dei pochi abitanti. Effettivamente è il mucchietto di case più armonioso che abbiamo mai visto in Russia. Non ci resta che cercare il posto per il campo serale “into the wild”, che sarà l’ultimo in territorio russo, per questo viaggio. Jurg avvista una stradina che scende verso un lago: è il posto giusto, proprio sulla riva. Il lago è ghiacciato e ricoperto di neve, con una bella isoletta nel mezzo. Un posticino da cartolina invernale. Ancora un dopocena in allegria, sotto la tenda di Mauro & Beppo.
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Shungite, una pietra dalle proprietà sorprendenti |
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Kinerma, uno dei più bei villaggi di Russia |
Sabato 29 Febbraio - verso Vidlitsa-ingresso Finlandia - km 275
Giornata bella anche oggi. Stanotte la temperatura è arrivata a meno 18. Accontentiamoci. Bello anche il percorso, tutto su strada bianca. Vediamo alcuni piccoli villaggi, purtroppo in gran parte abbandonati e con quelle che dovevano essere belle casette di legno ora in completo disfacimento. Mi si stringe il cuore nel vedere tanta desolazione. Arriviamo al Ladoga, il lago più grande d'Europa e subito cerchiamo un sentiero che ci porti sulle sue sponde. Sbuchiamo su uno spiaggione dorato immenso, solo in parte ricoperto da un leggero strato di neve. Davanti a noi una distesa bianca fino all’orizzonte, preceduta da una barriera di dune ghiacciate. Gli uomini si divertono ad affrontarle e a percorrere in lungo e in largo la battigia. Ripresa la strada, ben presto finiamo sull’asfalto della strada principale, purtroppo. In questo tratto di lungolago sembra che la primavera sia già arrivata, perché il manto nevoso è quasi completamente sciolto. Facciamo pranzo nella piazza del paesino di Salmi e a metà pomeriggio arriviamo a Sortavala, città che era stata nostra prima meta all’arrivo in Russia. Visitiamo il museo di Kronid Gogolev, straordinario intagliatore di legno, poi andiamo a caccia di ricordini con assai scarsi risultati. Breve sosta al Parco di Ruskeala, una delle attrazioni naturalistiche più note della Karelia, Poi facciamo l'ultimo rifornimento economico di carburante, cambiamo i pochi rubli rimasti ed eccoci alla frontiera. E’ praticamente vuota, perciò pensiamo di sbrigarcela in un baleno, dato che siamo in uscita. Ma i doganieri hanno un preciso protocollo e svolgono il loro dovere compiutamente, ispezionando ogni lato del veicolo, interno ed esterno. Si capisce che è un rituale, perché se avessero voluto vedere ogni cosa contenuta nei nostri mezzi "eta-beta"saremmo rimasti fermi un giorno intero. La dogana finlandese è stata praticamente inesistente. Meno male, perché noi abbiamo temuto di venire bloccati a causa del coronavirus. Proseguiamo una ventina di km in territorio finlandese prima di trovare un paesino dove fermarci. Siamo a Thomajarvi, ma i negozi sono già tutti chiusi. Questi finnici vanno a letto con le galline!
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sulle sponde dell'immenso Lago Ladoga |
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gara di corsa sulla spiaggia |
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Mauro affronta il lago ghiacciato |
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opere dell'artista intagliatore Gogolev |
Domenica 1 Marzo - Thomajarvi-strada 4321 - km 250
Risveglio tranquillo, perché non c’è stato nessun movimento di umani o di veicoli. La domenica è sacra per i finlandesi e molti esercizi rimangono chiusi o aprono per poche ore. Una sosta al bar, con tanto di riviste patinate in vendita e slot-machines, ci fa commentare le enormi differenze tra la Karelia finlandese, ricca, perfetta e asettica, e quella arruffata e malmessa della parte russa. Ma io adoro l’umanità della gente russa. Oggi avrebbe dovuto essere un giorno di puro trasferimento verso Helsinki. Ma pare che il gruppo non ne abbia abbastanza di piste bianche, perciò sotto un nevischio che durerà tutta la giornata, ci trastulliamo lungo stradine campestri, prevalentemente in zone collinari punteggiate da laghetti. Sono strade che collegano fattorie isolate o piccoli gruppi di case. Nessuno spazzaneve è passato, per cui il percorso, benché tortuoso, risulta estremamente piacevole. Si fa campo in prossimità di una casa disabitata. Come succede tutte le volte che campeggiamo in vista di abitazioni, dopo una mezz’oretta compare una macchina: è il proprietario di una delle case vicine che viene a vedere chi cavolo siamo e che ci facciamo in un posto che probabilmente è di sua proprietà. Dopo qualche convenevole: chi siete, da dove venite, dove siete diretti, che giro avete fatto e dopo un’occhiata incuriosita ai nostri strani mezzi, scatta la tolleranza, ci permette di rimanere, augurandoci buon viaggio.
Lunedì 2 Marzo - strada 4321-traghetto - km 245
Partiamo presto perché ieri ci siamo dilungati forse troppo tra le belle stradine campestri. Il fondo stradale è ormai senza neve, come del resto anche i campi e boschi. Arriviamo dopo mezzogiorno all’imbarco di Helsinki e ci fermiamo in un piazzale per schiodare i pneumatici. Una bella faticaccia per Giovanni, ma un po' di tribolazione anche per Mario e Maurino. Ci imbarchiamo sulla stessa nave e con le stesse cabine dell'andata.
Martedì 3 marzo - in navigazione
Passiamo la giornata a commentare il viaggio, ad aggiornare le nostre cartine e a calcolare le spese sostenute. La Russia costa pochissimo, una vera manna per noi.
Mercoledì 4 marzo - Travemunde-Schnelldorf - m 660
Ieri sera siamo sbarcati alle 21:30; ci siamo avviati sulle autostrade tedesche e abbiamo sostato per la notte presso un centro multi servizi. Oggi non facciamo altro che percorrere le comode, ma noiose e trafficate autostrade tedesche. C’è però un brusco risveglio dalla noia: Mario comunica col CB che gli è scoppiato il pneumatico anteriore sinistro. C’è una stazione di servizio a 1 km e lui riesce ad arrancare fin lì, mentre noi lo aspettiamo. Con l’aiuto degli amici la sostituzione della gomma avviene rapidamente. L’incidente mi ha fatto meditare sui pericoli delle autostrade, in specie quelle tedesche, sulle quali abbiamo visto automobilisti killer e autotrasportatori in stile “Duel”. Sosta serale in un tranquillo parcheggio per camper in località Schnelldorf.
Giovedì 5 marzo - Schnelldorf-casa - km 580
I croissant tedeschi dell’area di servizio erano squisiti. Li abbiamo comprati con i buoni del Serveway, il servizio WC
a pagamento che chiede 70 centesimi ma ne restituisce 50 utilizzabili nei punti di ristoro convenzionati. Per il rientro abbiamo scelto di passare per il San Bernardino, che è la via più breve per Milano, ma presenta qualche lungaggine nel
tratto che si insinua in Austria a Lindau, sul Lago di Costanza.
Arrivati nei pressi di Bellinzona lasciamo, baci e abbracci, i due amici svizzeri. Eccoci a casa. Kira e Roland, i nostri due cani, ci fanno festa.
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Erina, Giovanni e l'amata casa su ruote |
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