Siamo partiti da Reykjavik con un piccolo aereo ad elica diretto all'isola di Kulusuk. Il volo è breve e dopo un'oretta avvistiamo un dedalo inestricabile di acqua, montagne e ghiaccio: è la costa Orientale della Groenlandia.
Atterriamo su una pista di sabbia scura e lì ad attenderci c'è un elicottero che ci trasporterà dall'altra parte della baia. L'elicottero sale a candela per superare una cresta di rocce nere, dopo la quale si apre alla nostra vista un ampio fiordo punteggiato di
piccoli icebergs. Il paesaggio è tutto grigio-azzurro, ma avvicinandoci alla
terraferma spicca una macchia di colori vivaci: è Ammassalik, un grumo di
casette di legno costruite su palafitte, con una sola strada asfaltata lunga
non più di un km.
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in elicottero da Kulusuk a Ammassalik
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belle vedute del villaggio di Ammassalik
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Vediamo un paio di pick-up che fanno avanti e indietro. Ci sono poche persone fuori dalle case, ma in compenso avvistiamo moltissimi cani da slitta, alcuni liberi ma per la maggior parte legati
con lunghe catene ad un palo di legno: corrono in tondo, creando un solco
circolare nel terreno. Siamo alla fine di agosto, la nuova neve non è ancora
arrivata e le slitte non possono essere usate.
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uno dei pochi cani liberi che abbiamo visto |
Ammassalik (ora chiamato Tasiilaq) è il capoluogo amministrativo dell'Est e conta circa un migliaio di abitanti. Le case del villaggio sono ben tenute e quasi tutte dipinte di rosso scuro. Purtroppo intorno ad esse notiamo parecchi rifiuti abbandonati:
cartoni, lattine, qualche rottame. Questo non succedeva certo nel secolo
scorso, quando i rifiuti degli inuit erano unicamente ossa e pelli, perciò velocemente
degradabili.
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abbandoni |
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un'abitante del villaggio e i suoi cani |
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pelli di foca, un tempo fonte primaria di cibo e vestiario per gli Inuit |
Ad Ammassalik c’è un albergo per turisti, nel quale ci
rechiamo. Nuovo, confortevole, con le camere rivestite in legno chiaro.
Accendiamo la televisione che trasmette telenovelas brasiliane e giochi a quiz americani,
mentre fuori dalla finestra i cani da slitta non cessano di ululare, sognando di correre sulle distese innevate. Provo una sensazione di straniamento, come
non sapessi più dove sono. Adesso mi è più facile comprendere lo shock
culturale che questa gente ha dovuto subire, catapultata nell’arco di una
generazione da un millenario stile di vita alla “civiltà” occidentale.
La gente del villaggio è quasi tutta inattiva, poiché le
occupazioni tradizionali di caccia e pesca sono ora in gran parte proibite: agli inuit non resta che sopravvivere con i sussidi danesi, che vengono spesso investiti in casse
di birra da consumare direttamente fuori dal supermercato. Lo sradicamento culturale ha prodotto il più elevato tasso di alcoolismo e di suicidi al mondo, purtroppo.
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un anziano del villaggio, felice di pescare |
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il porto di Ammassalik |
Fortunate sono le poche persone impiegate nelle attività di
turismo, che possono illustrare ai rari visitatori le loro abilità nella pesca
e nell’uso dei kajak e, anche, nell’uso di moderni motoscafi. Ne ingaggiamo uno
(intendo un giovane del luogo che possiede un motoscafo) perché ci porti ad
esplorare il fiordo di Ikateq.
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si parte per l'escursione al fiordo di Ikateq |
E’ un’escursione di mezza giornata in un’insenatura tra due
file di montagne scure e minacciose. In questo luogo così remoto avvistiamo i resti di
una base militare statunitense: durante la seconda guerra mondiale la
Groenlandia Orientale è stata scelta dagli americani come base intermedia tra
gli Usa e l’Europa. Come sempre succede, alla fine delle ostilità gli americani
sono tornati a casa lasciando sul campo un’enorme quantità di equipaggiamenti:
camminiamo tra carcasse di camion arrugginiti, armamenti, bidoni e masserizie
varie.
Raggiungiamo in motoscafo il fondo del fiordo, dove un immenso ghiacciaio produce grandi quantità di icebergs dalle forme più strane.
La parte più emozionante dell'escursione del fiordo è avvenuta sulla via del
ritorno, quando un rumoroso soffio ci ha fatto voltare la testa: un grosso
cetaceo stava sfiorando il fianco del motoscafo. Avrei potuto toccarlo con la
mano !
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